L’Italia di Giolitti

UNA NUOVA STAGIONE POLITICA

Dopo l’assassinio di Umberto I, sale al trono il figlio Vittorio Emanuele III, che esprime fiducia nei princìpi liberali. Inizia la lunga stagione al potere di Giovanni Giolitti, il quale ha una visione della politica molto pratica e concreta.

LO SVILUPPO INDUSTRIALE

L’Italia vive un periodo di forte sviluppo economico e industriale, ma per potenziare la produzione serve molto denaro; per questo motivo Giolitti incoraggia la collaborazione fra banche e industrie: i settori che si sviluppano per primi sono il tessile, il meccanico e quello dell’energia elettrica. Il Governo segue una politica protezionistica, che limita la concorrenza dei prodotti stranieri, ma danneggia i piccoli agricoltori delle colture specializzate del Sud. Si crea un’alleanza fra industriali del Nord e latifondisti del Sud, e il clima di tensione sociale aumenta ancora.

SINDACATI E OPERAI

Giolitti deve affrontare numerosi scioperi, ma non vuole intervenire perché pensa che lo sciopero non sia un reato, ma una forma legittima di lotta; vara alcune leggi a favore dei lavoratori; cerca l’alleanza con i socialisti di Filippo Turati.

LA RIFORMA ELETTORALE

Nel 1912 Giolitti estende il diritto di voto a tutti gli uomini adulti: i partiti ora devono organizzarsi meglio, perché è necessario cercare il consenso di tutti gli elettori. Con il papa Leone XIII, i cattolici rafforzano la loro attività in campo sociale, tanto da entrare in politica al fianco di Giolitti.

IL TRAMONTO DELL’ETÀ GIOLITTIANA

Giolitti riprende l’avventura coloniale per limitare il controllo francese e inglese del Mar Mediterraneo. In realtà lo spingono i nazionalisti, gli industriali, gli ambienti finanziari e persino una piccola parte di socialisti. Per sottrarre la Libia alla Turchia, nel 1911 l’Italia dichiara guerra all’Impero Ottomano. La conquista è deludente dal punto di vista economico, perché il territorio che può essere coltivato è limitatissimo. Prima delle elezioni del 1913, per evitare una possibile vittoria socialista, i liberali firmano con il rappresentante cattolico, Gentiloni, un patto: le liste liberali accolgono i candidati cattolici e ottengono l’appoggio della Chiesa, in cambio del sostegno alla scuola privata e dell’impegno a non introdurre il divorzio. Alle elezioni, però, i socialisti diventano più forti. Giolitti si dimette e il nuovo presidente del Consiglio, Antonio Salandra, adotta una politica repressiva. Aumenta molto la tensione sociale, scoppiano disordini che prendono il nome di “settimana rossa”, repressi con violenza dall’esercito.

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