Con i successori di Augusto, morto nel 14 d.C., il modello politico imperiale si consolidò e diventò sempre più assolutistico. Gli imperatori dovettero comunque confrontarsi con le posizioni del Senato, dell’esercito e della plebe urbana, il cui consenso era una condizione necessaria per giungere al trono e mantenere il potere.
Le province, durante il primo secolo dell’Impero, acquistarono sempre più importanza in ambito economico e politico, grazie a un continuo processo di romanizzazione e alla costante estensione della cittadinanza.
Il successore di Augusto fu Tiberio, che inizialmente cercò di governare con il consenso del Senato, ma nell’ultimo periodo della sua vita mise in atto una politica di repressione che gli procurò la fama di principe crudele e corrotto. Suo successore fu Caligola che ebbe avversari sia il Senato sia la plebe, a causa del suo governo dispotico e autocratico. Morì nel 41 d.C. assassinato da un pretoriano.
A questo punto i pretoriani acclamarono imperatore Claudio, che si distinse per la riforma amministrativa, la concessione della cittadinanza romana agli abitanti della Gallia e la possibilità, riconosciuta alle famiglie di condizione più elevata, di accedere al Senato. Investì ingenti somme nell’ampliamento della rete stradale, per facilitare gli scambi commerciali. Morì nel 54 d.C., forse avvelenato dalla moglie Agrippina.
Il suo successore fu Nerone, che governò secondo il modello delle monarchie assolutistiche, divinizzando la sua persona e imponendo in modo autoritario la sua volontà. Durante il suo regno, scoppiò un terribile incendio che distrusse alcuni quartieri di Roma. L’imperatore incolpò del fatto i cristiani, i fedeli di una nuova religione che si stava diffondendo anche a Roma. Nel 68 d.C., dopo essere stato dichiarato nemico dello Stato dal Senato, si fece uccidere da un liberto. Con la sua morte finì la dinastia giulio-claudia, che aveva governato per oltre cinquant’anni a partire da Tiberio.
Nel 69 d.C. si succedettero al governo di Roma quattro imperatori, l’ultimo dei quali, Vespasiano, restò al potere per dieci anni, dando inizio alla dinastia flavia, che assicurò all’Impero un periodo di pace. A Vespasiano successero prima il figlio Tito, che nel 70 d.C. aveva occupato Gerusalemme e distrutto il Tempio di Salomone, e poi Domiziano, che governò in modo assolutistico e rafforzò i confini dell’Impero. Venne ucciso durante una congiura nel 96 a.C., segnando così la fine della dinastia flavia. Nel 79 d.C., durante il regno di Tito, si verificò la tragica eruzione del Vesuvio, che distrusse le città di Pompei, Ercolano e Stabia.