L’Italia altomedievale

Tra il VI e il VII secolo, in Europa si verificò una profonda crisi demografica, aggravata da guerre, carestie ed epidemie. I grandi latifondi vennero abbandonati, e boschi e foreste presero il posto della maggior parte delle terre fino a quel momento destinate all’agricoltura.I terreni agricoli rimasti finirono nelle mani di pochi proprietari, che concentrarono nei loro possedimenti la maggior parte della popolazione delle campagne. Nacque così la curtis: un sistema economico autosufficiente, che alcuni storici hanno definito chiuso, perché al suo interno si produceva e si consumava tutto quanto era necessario. Ogni curtis era divisa in due parti: la pars dominica, che ospitava l’abitazione del padrone delle terre, e la pars massaricia, divisa in lotti detti mansi, coltivati dai coloni e dai servi casati.
Il sistema della curtis, caratterizzato da una rigida gerarchia sociale, vide l’affermazione della signoria fondiaria, per cui il padrone non solo controllava economicamente i lavoratori, ma era anche l’autorità giudiziaria per tutti gli abitanti della proprietà.

Nel 569 d.C. arrivarono in Italia i Longobardi, guidati da Alboino.
I Longobardi praticavano l’arianesimo e fin da subito imposero alla popolazione autoctona i propri usi e la propria organizzazione sociale: vennero fondati diversi Ducati, indipendenti dall’autorità del sovrano.
Il re Agilulfo riuscì a dare unità al Regno longobardo: rafforzò il potere del sovrano rispetto ai duchi e stabilì la corte a Pavia. Nel 643 d.C. Rotari emanò la prima legge scritta dei Longobardi (l’editto di Rotari). Alla fine del VII secolo anche il popolo longobardo si convertì al Cristianesimo.
Nel 728 Liutprando concesse a papa Zaccaria terre e castelli in territorio laziale e umbro: è la cosiddetta donazione di Sutri, considerata la prima concessione ufficiale di terre alla Chiesa da parte di un sovrano.

Nel 590 venne eletto papa Gregorio I, a cui fu attribuito l’appellativo di Magno per la sua grande attività religiosa e politica. Nel corso del VI secolo le comunità monastiche divennero solidi punti di riferimento per la popolazione delle campagne. In Occidente i monaci, pur isolandosi dal resto del mondo, vivevano insieme nei monasteri, a capo dei quali vi era l’abate.
La Regola di Benedetto da Norcia si fondava su un completo egualitarismo sociale e sul rispetto dei voti di povertà, castità e obbedienza. I monaci riconoscevano l’autorità dell’abate, e trovavano una forma di ascesi nel lavoro e nella preghiera, secondo il motto ora et labora.
In molti monasteri furono allestite officine librarie, gli scriptoria, che curavano la conservazione e la trascrizione di codici manoscritti, attività fondamentale per la tradizione della cultura classica.

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