L’Impero di Bisanzio

L’Impero romano d’Oriente era riuscito a sopravvivere alle spinte disgregatrici che avevano causato la fine dell’Impero romano d’Occidente : le principali risorse dell’Impero romano d’Oriente, che verrà denominato bizantino (da Bisanzio, l’antico nome della capitale Costantinopoli ), furono un potente esercito, un efficiente apparato amministrativo, numerosi traffici commerciali e un’intensa vita sociale e culturale. L’imperatore Giustiniano si propose la restauratio Imperii, ovvero il tentativo di ridare unità all’Impero romano, recuperando tutti i territori appartenutigli prima del crollo dell’Impero d’Occidente. Durante il suo regno Giustiniano concentrò nelle proprie mani il potere politico e quello religioso: l’imperatore bizantino era considerato rappresentante di Dio sulla Terra e la sua figura divenne un importante fattore di coesione per la stabilità dell’Impero.La complessa opera di restaurazione di Giustiniano ebbe il suo culmine nella risistemazione del diritto, che produsse il Corpus iuris civilis: monumentale raccolta e ricognizione della tradizione giuridica latina. In seguito alla guerra contro gli Ostrogoti, Giustiniano impose in Italia l’ordinamento amministrativo bizantino, che affidava il potere civile a un iudex, e quello militare a un dux, mentre il massimo rappresentante imperiale nella Penisola era l’esarca di Ravenna. La morte di Giustiniano nel 565 segnò la conclusione di un’epoca: le sue aspirazioni universalistiche furono accantonate, e il baricentro della politica bizantina si fissò a Oriente. L’Impero di Bisanzio visse un lungo periodo di crisi, caratterizzato dalla pressione esercitata ai confini orientali da diverse tribù slave. Tale situazione aggravò l’instabilità politica, di cui approfittarono i grandi proprietari fondiari per rendersi autonomi dall’autorità centrale. L’imperatore Eraclio fu l’unico sovrano orientale a tentare di incidere sulla crisi sociale dell’epoca, indagandone le radici profonde; avviò quindi una ristrutturazione interna dell’Impero bizantino, che fu alla base della riscossa antipersiana. Per retribuire i soldati in una fase di grave crisi economica, Eraclio assegnò ai militari delle terre, che il contadino-soldato poteva lasciare in eredità ai propri figli, tuttavia con l’obbligo di arruolarsi nell’esercito. La riforma di Eraclio permise la costituzione di un forte esercito locale.Un ulteriore riforma apportata da Eraclio fu quella del meccanismo di successione al trono imperiale: introdusse l’istituto della coreggenza, grazie alla quale l’imperatore designava il suo successore quando era ancora in vita, affinché dopo la morte non ci fossero vuoti di potere.

L’Impero di Carlo Magno

Nel 771 Carlo, chiamato poi Magno per le sue grandi conquiste, divenne re dei Franchi. Il nuovo sovrano era figlio e successore di Pipino il Breve della dinastia dei Pipinidi, che circa vent’anni prima avevano sostituito la dinastia dei Merovingi alla guida del Regno. Sotto la guida di Carlo, l’esercito franco avviò un’importante campagna espansionistica al fine di soddisfare le aspirazioni dell’aristocrazia militare e rafforzare i confini. Infatti, tra il 772 e l’804, Carlo intraprese una serie di campagne militari tra cui quella contro i Sassoni, che, una volta sconfitti, furono convertiti con la forza al Cattolicesimo, e quella contro gli Àvari, un popolo proveniente dalla Pannonia e dalla Transilvania.Nel 778 Carlo andò in aiuto del governatore arabo di Barcellona contro l’emiro di Cordova per ottenere la città di Saragozza in cambio del soccorso prestato, ma la resistenza opposta dalla città aragonese convinse i Franchi a ritirarsi. A Roncisvalle, sulla via del ritorno, la retroguardia dell’esercito franco, guidata dal paladino impero Rolando, fu assalita dai montanari baschi.In Italia Carlo conquistò il Regno dei Longobardi, dopo aver sconfitto il re Desiderio, e assunse il titolo di rex Longobardorum. Nella notte di Natale dell’800, Carlo Magno fu incoronato imperatore dei Romani da Papa Leone III: nacque il Sacro romano impero, che il sovrano riteneva erede dell’Impero romano d’Occidente. In tal modo l’intero Occidente fu sottratto all’influenza politica e religiosa dell’Impero bizantino. Carlo Magno, per governare questo grande territorio, istituì un apparato amministrativo centralizzato, che aveva la sede principale nel palazzo imperiale di Aquisgrana.Il territorio fu diviso in contee, governate dai conti, che amministravano la giustizia e reclutavano soldati a sostegno delle guerre dell’imperatore.Le regioni di confine, dette marche, furono affidate ai marchesi, che avevano l’obbligo di organizzare la difesa contro eventuali attacchi esterni.L’operato dei conti e dei marchesi era sottoposto a controllo da inviati nominati dal sovrano e detti missi dominici. Su tutto il territorio vigevano leggi emanate dal sovrano e uguali per tutti, i capitolari.Carlo mostrò grande interesse per la cultura e favorì l’istituzione di scuole in tutto l’Impero, a cominciare dalla sede imperiale, dove sorse la Schola palatina, presso la quale operarono i maggiori intellettuali del tempo. Questi provvedimenti di Carlo dettero origine alla cosiddetta rinascita carolingia.

L’Islam

Fin da tempi remoti, la Penisola Arabica fu un importante snodo di passaggio per i commerci tra Oriente e Occidente. In quest’area, nei primi decenni del VII secolo, si affermò l’Islam, una tra le più grandi religioni monoteistiche, insieme a Cristianesimo e Ebraismo. Questa terra era abitata principalmente dai beduini, guerrieri nomadi riuniti in tribù, che vivevano presso le oasi nel deserto. In Arabia sorgevano anche grandi città: alcune erano importanti centri commerciali e religiosi, come La Mecca. Qui, intorno al 570, nacque Maometto che, rimasto orfano, seguì le orme dello zio divenendo commerciante. Nel 610 Maometto raccontò di aver avuto in sogno l’apparizione dell’arcangelo Gabriele, che gli ordinò di diffondere la parola di Allah. Poiché la religione di Maometto predicava una società egualitaria, egli fu subito osteggiato dai mercanti timorosi di perdere il predominio economico e il controllo politico della città. Pertanto, nel 622 fu costretto a lasciare La Mecca e a rifugiarsi presso Medina. Nel 630 Maometto ritornò a La Mecca, dedicando gli ultimi anni della sua vita alla diffusione dell’Islam. La nuova religione si fonda su cinque pilastri: professione di fede in Allah unico Dio e Maometto suo Profeta; preghiera 5 volte al giorno in direzione di La Mecca; elemosina;  digiuno durante il Ramadàn; pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita. Il testo sacro dell’Islam è il Corano, scritto dei seguaci di Maometto dopo la sua morte avvenuta nel 632, data da cui ebbe inizio un’aspra lotta per la successione fra diverse fazioni. Infine Abu Bakr venne eletto alla carica di califfo al posto di Maometto. Abu Bakr e i suoi successori avviarono una serie di fulminee conquiste territoriali, che portarono all’invasione dell’Impero persiano, delle province bizantine e dell’Africa settentrionale fino alla Libia.Dopo il regno del quarto califfo, Alì, genero di Maometto, la comunità dei credenti si divise in due gruppi contrapposti: gli sciiti (sostenitori di Alì) e i sunniti (suoi oppositori, che erano fedeli alla sunna, la raccolta di scritti relativi a Maometto). Nel 661 questi ultimi prevalsero portando al potere la dinastia degli Omayyadi, che insediarono la capitale a Damasco e continuarono la politica di conquista giungendo fino alla Spagna e all’Asia centrale.Nel 750 salì al potere la dinastia degli Abbasidi, che spostarono la capitale a Baghdad. Con loro si ebbe un grande sviluppo dell’arte, della scienza e della cultura.

L’Italia altomedievale

Tra il VI e il VII secolo, in Europa si verificò una profonda crisi demografica, aggravata da guerre, carestie ed epidemie. I grandi latifondi vennero abbandonati, e boschi e foreste presero il posto della maggior parte delle terre fino a quel momento destinate all’agricoltura.I terreni agricoli rimasti finirono nelle mani di pochi proprietari, che concentrarono nei loro possedimenti la maggior parte della popolazione delle campagne. Nacque così la curtis: un sistema economico autosufficiente, che alcuni storici hanno definito chiuso, perché al suo interno si produceva e si consumava tutto quanto era necessario. Ogni curtis era divisa in due parti: la pars dominica, che ospitava l’abitazione del padrone delle terre, e la pars massaricia, divisa in lotti detti mansi, coltivati dai coloni e dai servi casati.Il sistema della curtis, caratterizzato da una rigida gerarchia sociale, vide l’affermazione della signoria fondiaria, per cui il padrone non solo controllava economicamente i lavoratori, ma era anche l’autorità giudiziaria per tutti gli abitanti della proprietà. Nel 569 d.C. arrivarono in Italia i Longobardi, guidati da Alboino. I Longobardi praticavano l’arianesimo e fin da subito imposero alla popolazione autoctona i propri usi e la propria organizzazione sociale: vennero fondati diversi Ducati, indipendenti dall’autorità del sovrano. Il re Agilulfo riuscì a dare unità al Regno longobardo: rafforzò il potere del sovrano rispetto ai duchi e stabilì la corte a Pavia. Nel 643 d.C. Rotari emanò la prima legge scritta dei Longobardi (l’editto di Rotari). Alla fine del VII secolo anche il popolo longobardo si convertì al Cristianesimo. Nel 728 Liutprando concesse a papa Zaccaria terre e castelli in territorio laziale e umbro: è la cosiddetta donazione di Sutri, considerata la prima concessione ufficiale di terre alla Chiesa da parte di un sovrano. Nel 590 venne eletto papa Gregorio I, a cui fu attribuito l’appellativo di Magno per la sua grande attività religiosa e politica. Nel corso del VI secolo le comunità monastiche divennero solidi punti di riferimento per la popolazione delle campagne. In Occidente i monaci, pur isolandosi dal resto del mondo, vivevano insieme nei monasteri, a capo dei quali vi era l’abate.La Regola di Benedetto da Norcia si fondava su un completo egualitarismo sociale e sul rispetto dei voti di povertà, castità e obbedienza. I monaci riconoscevano l’autorità dell’abate, e trovavano una forma di ascesi nel lavoro e nella preghiera, secondo il motto ora et labora.In molti monasteri furono allestite officine librarie, gli scriptoria, che curavano la conservazione e la trascrizione di codici manoscritti, attività fondamentale per la tradizione della cultura classica.

La caduta dell’Impero d’Occidente

Dopo la morte di Costantino, nel 361 d.C. fu nominato imperatore Flavio Claudio Giuliano. Durante il suo breve regno, Giuliano tentò di restaurare la cultura e la religione pagane: educato secondo i precetti cristiani, appena salito al trono rinnegò la sua fede (da qui l’appellativo di Apostata ) e attuò una serie di editti che limitarono i privilegi concessi ai cristiani da Costantino. Il tentativo di Giuliano di rivitalizzare il paganesimo non ebbe effetti rilevanti, perché ormai il Cristianesimo si era largamente diffuso in tutte le classi sociali e i riti pagani erano stati abbandonati da tempo. Il IV secolo fu caratterizzato dalle crescenti preoccupazioni per la pressione che le popolazioni barbariche esercitavano ai confini dell’Impero. Teodosio credette di poter fermare questo pericolo accordandosi con le popolazioni germaniche, a cui assegnò ampi territori in cambio di protezione, ma tale provvedimento fu efficace solo nell’immediato, dimostrandosi nel tempo rischioso, perché in pratica consegnava la difesa dell’Impero nelle mani dei capi germanici, indebolendo così l’esercito, da sempre pilastro della solidità dell’Impero. Teodosio emanò l’editto di Tessalonica, che dichiarò il Cristianesimo l’unica religione ufficiale dell’Impero. Nel 410 d.C. Roma fu assediata dai Visigoti, guidati da Alarico, che la saccheggiarono per tre giorni.In seguito i Vandali, guidati da Genserico, occuparono i territori dell’Africa settentrionale, una delle province più floride dell’Impero. Nel 451 d.C. l’Impero venne invaso dagli Unni, un popolo proveniente dalle steppe della Mongolia. L’avanzata degli Unni, guidati da Attila, fu fermata in Italia sul fiume Mincio dall’intervento di papa Leone I. Con molta probabilità, tuttavia, Attila si fermò a causa di un’epidemia di peste scoppiata fra i suoi soldati. Nel corso del V secolo, la città di Roma venne saccheggiata in altre due occasioni: nel 455 d.C. dai Vandali di Genserico e nel 472 d.C. dalle truppe germaniche del generale Ricimero.Tali saccheggi a distanza di pochi anni e la salita al trono di imperatori giovani e inesperti furono tra le cause del definitivo crollo dell’Impero romano d’Occidente. Nel 476 d.C. Odoacre giunse a Ravenna, dove era stata trasferita la capitale dell’Impero d’Occidente, depose Romolo Augusto e lo mandò in esilio in Campania.Tuttavia, Odoacre non assunse il titolo di imperatore d’Occidente, ma scelse di sottoporsi all’imperatore d’Oriente, Zenone Isaurico, a cui consegnò le insegne imperiali.  

La crisi del III secolo e la riforma di Diocleziano

Il lungo periodo di anarchia militare, che seguì la fine della dinastia dei Severi, vide succedersi sul trono dell’Impero più di venti sovrani in meno di cinquant’anni. Durante questa fase la religione tradizionale romana continuò a perdere importanza, a vantaggio dei culti orientali e del Cristianesimo. Nel tentativo di risolvere le crisi interne ai territori dell’Impero e contrastare gli attacchi delle popolazioni barbariche ai confini, Valeriano attuò una prima divisione dell’Impero, affidando la parte occidentale al figlio Gallieno. Dopo il breve regno di Aureliano, che attuò importanti riforme, si susseguirono al potere Tacito, Floriano, Probo e Caro. Infine, nel 284 d.C., venne acclamato imperatore Diocleziano, un militare di umili origini, secondo cui, per risollevare le sorti dell’Impero, non era sufficiente la semplice riforma delle istituzioni dello Stato, ma sarebbe eserciti. Quindi bisognava in primo luogo riformare l’esercito, modificandone il sistema di arruolamento e limitando la coscrizione obbligatoria ai figli dei legionari, a coloro che non appartenevano ad alcuna corporazione e ai soldati volontari. Le truppe furono divise in due gruppi: i soldati limitanei, cioè le legioni stanziate nei pressi del confine per presidiarlo, e i comitatenses, le truppe da combattimento, composte da reggimenti di cavalleria, accampati nelle retrovie, idonee a intervenire rapidamente in caso di necessità agli ordini diretti dell’imperatore. In quanto convinto dell’impossibilità di governare da solo l’immenso territorio dell’Impero, Diocleziano, nel 286 d.C., affidò il governo della parte occidentale a Valerio Massimiano, e tenne per sé la parte orientale dell’Impero. Nel 293 d.C., ai due augusti vennero affiancati anche due cesari, rispettivamente il generale Gaio Galerio e Costanzo Cloro, entrambi originari dell’Illirico. Era nata una nuova forma di governo: la tetrarchia. Fu così avviata una politica di decentramento: le quattro zone in cui venne diviso l’Impero assunsero il nome di prefetture (Gallia, Illirico, Italia e Oriente), ripartite a loro volta in diocesi, le quali comprendevano più province. Tale riorganizzazione amministrativa determinò l’ampliamento della burocrazia statale e l’aumento del numero dei soldati che formavano l’esercito regolare. Questo sistema determinò, tuttavia, una forte pressione fiscale; l’editto sui prezzi, emanato nel 301 d.C. per contrastare la crisi economica, servì solo a incentivare la nascita di un mercato parallelo e illegale dei prodotti di prima necessità, le cui conseguenze peggiori ricaddero sui ceti più deboli.

La crisi della Repubblica

Nel II secolo a.C. a Roma si verificò una profonda crisi dovuta all’incapacità della classe dirigente di affrontare e risolvere due gravi problemi: la riforma agraria e la riforma dell’amministrazione dello Stato. Grazie alle conquiste, Roma divenne sempre più ricca e il territorio dello Stato, l’ager publicus, si ampliò notevolmente, migliorando di molto la situazione economica, ma questo non portò vantaggio ai piccoli proprietari, penalizzati da lunghi anni di guerra. Nelle campagne scomparve la piccola proprietà privata a favore dei latifondi. A Roma si affermò la classe dei cavalieri, nelle cui mani si concentravano le attività economiche, sebbene fosse esclusa dal Senato e dalla politica. Si determinò, quindi, una frattura tra la classe senatoria, che gestiva il potere politico, e il ceto equestre, che deteneva il potere economico. Per scongiurare il rischio di uno scontro sociale tra nobili, cavalieri e contadini, rimasti senza proprietà, intervenne il tribuno della plebe Tiberio Gracco. Questi propose una legge secondo la quale nessuno poteva possedere più di 500 iugeri di ager pubblicus. Le terre recuperate dovevano essere distribuite ai contadini poveri e quelle in possesso abusivo dei latifondisti date ai contadini nullatenenti. La riforma agraria di Tiberio fu portata avanti da Gaio Gracco che, eletto tribuno nel 123 a.C., fece approvare due leggi: la distribuzione gratuita di grano ai cittadini poveri; la nomina di giudice dei cavalieri contro i governatori sospettati di corruzione. Gaio Gracco incontrò l’opposizione dei cittadini romani, perché tentò di estendere la cittadinanza romana ai popoli alleati di Roma. La classe dirigente, a causa delle forti tensioni sociali, si divise in due fazioni : quella degli ottimati, conservatori che avevano come punto di riferimento il Senato, e quella dei popolari, che appartenevano al ceto dei cavalieri. I popolari fecero eleggere al consolato Gaio Mario, a cui si deve la riforma dell’esercito .I popoli italici, esclusi dalla vita politica e dalla distribuzione delle terre, incominciarono a ribellarsi e Roma fu costretta a concedere la cittadinanza ai socii. Questo periodo si caratterizzò anche per l’opposizione fra Mario e Silla: la guerra civile che ne derivò durò sei anni e si concluse con la vittoria di Silla. Questi, dopo aver eliminato gli oppositori con le liste di proscrizione e varato una serie di leggi che ripristinarono la supremazia degli ottimati sui popolari, privò i tribuni della plebe del diritto di veto, escluse i cavalieri dal potere giudiziario, privò i consoli del potere militare e ne regolamentò la carriera politica, il cursus honorum.

Le crisi del XXI secolo: conflitti, scenari, diritti

La storia del Novecento può essere suddivisa in due periodi principali: il primo va dall’inizio del secolo fino al 1945, anno della fine della Seconda guerra mondiale; il secondo, invece, va dal 1946 al 1991 e fu caratterizzato dalla guerra fredda, dalla fine dell’era coloniale e dallo scoppio di nuovi conflitti e tensioni. Si può affermare che il XXI secolo sia iniziato nell’ultimo decennio del Novecento: la caduta del muro di Berlino (1989), la riunificazione della Germania (1990) e la disgregazione dell’URSS (1991) sono stati gli avvenimenti fondamentali che hanno cambiato completamente gli equilibri mondiali. Se dopo il crollo del blocco sovietico gli Stati Uniti sembravano l’unica superpotenza politico-militare in grado di influenzare ogni aspetto della vita politica ed economica degli altri Paesi, oggi il mondo globalizzato del XXI secolo è, invece, multipolare, ovvero un mondo caratterizzato da più poli d’influenza, in cui le decisioni di uno Stato e qualsiasi avvenimento, anche locale, condizionano la vita di tutti gli altri. Dopo la Seconda guerra mondiale nacque l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, a cui oggi aderiscono quasi tutti i Paesi del mondo. L’ONU è stata creata per ridurre il pericolo di nuove guerre, promuovere la tutela dei diritti umani e lo sviluppo economico e culturale. L’ONU è composta da diversi organismi: l’Assemblea Generale, il Consiglio di Sicurezza, il Segretariato e la Corte Internazionale di Giustizia. Inoltre l’ONU si avvale della cooperazione di importanti agenzie, tra cui l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia) e la FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura). Nel 1948 l’ONU ha approvato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, un testo fondamentale che tratta dei diritti di ogni essere umano. A questa sono seguite altre dichiarazioni e convenzioni, legate a temi più specifici, come quella sui diritti della donna (1952) e quelle sui diritti del fanciullo (1959, 1989). Nonostante la presenza dell’ONU, negli ultimi anni si sono combattuti nel mondo circa 250 conflitti, e alcuni sono ancora in corso. La disparità fra Paesi ricchi e Paesi poveri si è acutizzata, e i problemi legati al rispetto dei diritti umani sono lontani dall’essere risolti. Inoltre molti Paesi continuano a investire maggiormente in armamenti che in programmi di sviluppo. A partire dalla seconda metà del secolo scorso la pace in molti Paesi è stata minacciata da attentati terroristici, che negli ultimi 30 anni sono stati compiuti in particolare da movimenti fondamentalisti islamici, come quello avvenuto l’11 settembre 2001 a New York e Washington.

Lo scenario mondiale

Nel mondo vengono parlate più di 6.000 lingue. Tutte le lingue appartengono a determinate famiglie, che ne indicano l’origine: per esempio l’italiano, lo spagnolo e il francese appartengono al gruppo delle lingue neolatine, ovvero derivate dal latino. Accanto a queste esistono i gruppi germanico e slavo, il persiano e l’hindi. Tutti questi gruppi fanno parte, a loro volta, della famiglia delle lingue indoeuropee. Altre famiglie linguistiche sono quella afro-asiatica, di cui fa parte l’arabo, la sino-tibetana, che comprende il cinese, e la uralo-altaica, composta da lingue parlate in Europa come il finlandese e altre parlate in Asia come il turco. Le lingue che vengono insegnate a scuola e vengono usate nei documenti pubblici vengono dette lingue ufficiali: queste ultime sono circa 200 nel mondo. Le lingue possono essere vive, quando vengono ancora usate oggi, o morte, come il greco antico, il latino e il sanscrito. Esistono lingue forti, diffuse in più Stati nel mondo, e lingue deboli, parlate da gruppi ristretti di persone. La lingua che impariamo fin dalla nascita si chiama lingua madre. Le lingue più diffuse al mondo, che vengono utilizzate da persone provenienti da Paesi diversi per comunicare, vengono dette veicolari: la più diffusa oggi è l’inglese. Le religioni praticate nel mondo possono essere suddivise in tre gruppi principali: le religioni monoteiste (Cristianesimo, Ebraismo, Islam); le religioni e le filosofie orientali (Induismo, Buddismo, Shintoismo, Confucianesimo, Taoismo, ecc.); culti animisti (diffusi soprattutto in Africa e in America meridionale). All’interno di ogni gruppo, le religioni si articolano a loro volta in diverse fedi, che possono dare origine a nuove confessioni. In molti Paesi del mondo viene tutelata la libertà religiosa e, soprattutto, vengono tenute separate vita religiosa e vita politica secondo il principio della laicità dello Stato. Uno dei rischi legati alla religione è quello del fondamentalismo, ovvero la convinzione che ciò che sostiene la propria religione sia l’unica verità. A questo si ricollega l’integralismo, cioè la volontà di regolare tutti gli aspetti della vita politica e sociale secondo i dettami della propria religione. Per evitare simili derive, tutti i leader religiosi al mondo sostengono l’importanza del dialogo interconfessionale e interreligioso e del rispetto reciproco.I Paesi nel mondo sono raggruppati in sei continenti: Europa, Asia, Africa, America, Oceania e Antartide. L’Asia è il continente più esteso al mondo: essa comprende circa un terzo delle terre emerse ed è abitata da circa il 60% della popolazione mondiale, ovvero più di 4,5 miliardi di persone. In Asia esiste una grande varietà di climi e ambienti: dalle regioni polari a quelle tropicali, dai deserti alle zone monsoniche. Lo sviluppo in Asia è disomogeneo: vaste aree urbanizzate e abitate, in cui sorgono le più grandi metropoli del mondo, si alternano a zone scarsamente popolate, in cui viene praticata un’agricoltura di sussistenza. Sebbene molte zone del continente abbiano conosciuto una forte crescita economica, rimangono ancora profonde diseguaglianze sociali. L’Asia può essere suddivisa in cinque macroregioni: il Medio Oriente comprende gli Stati che si affacciano a ovest sul Mar Mediterraneo, tra cui Israele e Palestina; l’Asia Centrale, caratterizzata da steppe e altopiani, è costituita in gran parte dagli Stati che facevano parte dell’ex Unione Sovietica, insieme con l’Afghanistan, in cui sono tornati al potere i Talebani; il Subcontinente indiano, detto così per via della sua estensione e il numero di abitanti, comprende uno dei Paesi più popolati al mondo, l’India; il Sud-Est asiatico è formato dalla grande penisola dell’Indocina e da numerose isole, tra cui l’isola di Giava, dove sorge Giacarta, la capitale dell’Indonesia; l’Estremo Oriente è la regione più abitata del pianeta e comprende Mongolia, Cina, Taiwan, Giappone, Corea del Nord e Corea del Sud. L’Africa è il continente più antico della Terra ed è la culla dell’umanità: qui sono stati ritrovati i resti di ominidi risalenti a circa 2 milioni di anni fa. L’Africa è il continente con il minore livello di sviluppo sociale ed economico. Inoltre in diverse zone sono in corso conflitti armati. L’Africa settentrionale è occupata per la maggior parte del territorio dal più esteso deserto al mondo, il Sahara, mentre a nord si affaccia sul Mar Mediterraneo. L’Africa centrale comprende i Paesi più popolati del continente, come la Nigeria e l’Etiopia. È una zona ricca di risorse naturali e minerarie, la cui gestione è spesso fonte di conflitti. L’Africa meridionale è bagnata dall’Oceano Atlantico a ovest e dall’Oceano Indiano a est. Rispetto alle altre zone dell’Africa, i Paesi qui hanno conosciuto una discreta crescita economica, sebbene la società sia ancora caratterizzata da grandi diseguaglianze e squilibri. Malgrado la grande estensione da nord a sud, l’America è un continente non molto popolato. Può essere divisa in tre grandi regioni: l’America settentrionale, formata da Stati Uniti e Canada; l’America centrale, che comprende il Messico e numerosi Stati lungo l’istmo e nelle isole; l’America meridionale, che comprende Stati quali il Brasile e l’Argentina. L’Oceania è il più piccolo dei continenti, si estende in gran parte nell’emisfero australe ed è formata da una miriade di isole. Lo Stato dell’Oceania più grande è l’Australia, seguita da Nuova Zelanda e Nuova Guinea. Tra i diversi continenti compare anche l’Antartide: questa non è divisa in Stati e non ha una popolazione stabile che vive in città come nel resto del pianeta, ma è un vasto territorio coperto da ghiacci, ricco di risorse e sede di importanti basi di ricerca scientifica.

Nascita e diffusione del Cristianesimo

Nei primi decenni dell’Impero romano si diffuse una nuova religione: il Cristianesimo. Essa nacque in Palestina tra il 26 e il 30 d.C., in seguito alla predicazione di Gesù, che fu riconosciuto dai suoi discepoli come il Messia, ossia l’inviato da Dio a portare, con parole e opere, la salvezza per tutti gli esseri umani. Gesù era nato a Betlemme in Giudea, e aveva iniziato a predicare in Galilea quando aveva circa 30 anni. La sua predicazione durò pochi anni; dopo di che fu arrestato a Gerusalemme dal Sinedrio, e consegnato per essere processato al governatore romano Ponzio Pilato, che lo fece crocifiggere. La predicazione di Gesù aveva un contenuto religioso radicale, perché in primo luogo annunciava la venuta del Messia da sempre atteso dal popolo ebraico. Era un messaggio rivoluzionario, in quanto ribaltava i valori della società di quel tempo; inoltre predicava l’uguaglianza, la pace, la giustizia ed era contro ogni tipo di discriminazione. L’insegnamento di Gesù venne tramandato dai suoi discepoli, in particolare dagli apostoli: i 12 discepoli, incaricati direttamente da Gesù, che erano stati i testimoni della sua predicazione e dei miracoli che aveva compiuto in vita. Quanto visto e udito dai discepoli fu trasmesso prima oralmente e poi per iscritto nei Vangeli. Il Cristianesimo si diffuse in diverse regioni dell’Impero romano: in particolare, grazie alla predicazione di Paolo di Tarso, la religione cristiana uscì dagli ambienti ebraici e divenne universale. I Romani, dapprima tolleranti verso le religioni diverse dai loro culti tradizionali, iniziarono a perseguitare i cristiani, soprattutto perché il loro monoteismo e il mancato riconoscimento della figura e del culto dell’imperatore li rendevano nemici dell’Impero stesso. I primi gruppi di cristiani si riunirono in comunità, che presto adottarono un’organizzazione stabile e gerarchica: erano nate le prime chiese. A capo delle comunità cristiane c’erano i presbiteri; le comunità locali, dette diocesi, erano guidate da un vescovo, eletto tra i membri più anziani della chiesa. La crisi dell’Impero favorì la diffusione del Cristianesimo. Tra le varie comunità assunse un ruolo di rilievo quella di Roma, e il suo vescovo iniziò a essere considerato un importante punto di riferimento per i fedeli. Inoltre, la crescita della comunità cristiana indusse i vescovi a riunirsi periodicamente in concili, al fine di elaborare una dottrina comune, che fosse seguita da tutti i fedeli, e fermasse il diffondersi di eresie, ovvero insegnamenti contrari a quello ufficiale stabilito dalla Chiesa.

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